donna nel paese innevato

Donna nel paese innevato, olio su tavola, cm. 30,8 x 20,6, L'Aquila, collezioni d'arte della Fondazione Cassa di Risparmio per la Provincia dell'Aquila

donna nel paese innevato

Fu verso la metà degli anni Novanta che ad un ragazzo del suo paese, tanto innamorato della pittura da trascorrere ore ad osservarlo mentre dipingeva, fece impulsivamente dono di un suo lavoro ad olio su tavola e gliene scrisse il titolo su un foglietto di carta, perché non lo dimenticasse negli anni futuri. Patini in effetti faceva elemosine tali da rimanere in bolletta; e, senza neppure esserne richiesto, donava persino qualche suo studio ad ammiratori che non potevano permettersene l’acquisto. Era Donna nel paese innevato quel piccolo quadro; e fu tanto gelosamente conservato in luoghi lontani che se ne si era perduta notizia fino al recente recupero. E’ sopravvissuta anche la memoria della denominazione voluta dal Maestro per quella prova, che si inserisce nel felice momento creativo culminato in Via Paradiso a Castel di Sangro e ne costituisce l’unica espressione affine dipinta in chiave invernale al momento nota. Vi si leva, oltre gli ultimi tetti, lo stesso sperone roccioso, benché visto da diversa angolazione, che era stato da lui rappresentato sia in Via Paradiso, sia in un Angolo di Castel di Sangro sotto la “Rupe” a cui si accede da una stradina non molto distante; e fu, presumibilmente realizzato al cospetto del “vero” dall’identico posto da cui la veduta fu dipinta all’acquerello da Enrico Coleman mentre era suo ospite nell’agosto del 1881. Anche in questo caso Patini appare impegnato a cogliere nel paesaggio gli aspetti che costituiscono l’identità di quel suo mondo ed a vivificarlo della presenza umana, qui emblematizzata nella fragile figurina di donna che avanza fra la neve. La solitudine è amplificata dal silenzio ovattato del biancore fra cui si addensano le povere case che l’abbondante nevicata sembra aver portato ancor più fuori dal mondo e reso ancor più disatteso dalle umane cure. All’analisi riservata alle costruzioni ed al già disinvolto tratteggio degli alberelli e delle aride siepi piegate dalla fredda coltre si contrappone il fare largo adottato nel primo piano e la sensibile cura riservata all’evocazione del pallido raggio di luce che si posa sullo sperone roccioso del suo monte, ricreando una soffusa intensità di precipue atmosfere ambientali.

Testo di Cosimo Savastano a cura di Raffaella Dell'Erede